L’impronta di Tolkien

L’impronta di Tolkien

Avevo circa undici anni quando rimasi perdutamente affascinato dalle atmosfere del primo film de “Il Signore degli Anelli”: avventura, eroi, maghi e orchi, l’eterno scontro tra il bene e il male in chiave epica. Non pago della visione della pellicola decisi di immergermi nei libri, apprendendo la vicenda così come lo stesso autore l’aveva concepita, senza i filtri e le modifiche apportate per la versione cinematografica.

Il mito moderno, racchiuso nei tre romanzi, fu pubblicato in Gran Bretagna tra il 1954 e il 1955, divenendo così una storia immortale, sempreverde che da decenni incanta milioni di lettori, studiosi, musicisti, artisti ed appassionati di ogni genere in tutto il mondo. Ciò che più mi colpì in quei libri fu la poetica con cui furono scritti, la metafora, ma soprattutto la solennità profusa nelle leggende.

Tolkien era un grande studioso anche di lingue antiche tanto che per i suoi scritti inventò diversi idiomi, come il Quenya e il Sindarin, che potevano essere il linguaggio dei vari popoli della Terra di Mezzo, ispirandosi al Gallese, al Greco e all’Italiano. Si divertì ad inventare lingue dai caratteri esteticamente affascinanti e dai suoni melodiosi, come quella parlata dal popolo degli Elfi.

Da non trascurare l’aspetto poetico ed anche molto romantico della sua vita: trascrisse il suo sconfinato amore per la moglie Edith nei suoi scritti, dando a lei le sembianze della bellissima Luthien e, a se stesso, quelle dell’eroe Beren, entrambi accuratamente descritti nel suo Silmarillion, compendio contenente le cronache della Terra di Mezzo dalla creazione alla quarta era.

Successivamente a “IsdA”,Il Signore degli Anelli, lessi “Lo Hobbit“, un libro narrante la storia dello Hobbit Bilbo, della compagnia di nani capeggiata da Thorin Scudodiquercia e della loro riconquista del trono e tesoro usurpati dal drago Smaug. Il romanzo fu pubblicato la prima volta nel 1937 e da quelle vicende si svilupparono i fatti narrati nel Signore degli Anelli.

Fu così, che con quel libro dalla copertina rossa, riscoprii tutta la magia già vissuta qualche anno prima, ritrovando le ambientazioni e alcuni dei personaggi con la loro solennità, nonostante Lo Hobbit sia stato concepito come libro per ragazzi, quindi molto più semplice e meno elaborato e complesso.

Tolkien continua ad essere fonte di ispirazione inesauribile, caratterizzando la mia produzione artistica di disegni e dipinti, tanto che durante la terza edizione di Fantastika a Dozza (BO) a Settembre 2016 ho realizzato per l’AisT (Associazione Italiana studi tolkieniani) il terzo ritratto dello scrittore. Immagine che è stata riprodotta sulla  locandina per l’evento del Tolkien Day avvenuto lo scorso 25 Marzo.

Lo Hobbit, la riconquista del tesoro

Lo Hobbit, la riconquista del tesoro

Il primo incontro de Lo Hobbit

Lo Hobbit, la riconquista del tesoro è tratto dal capitolo “Notizie dall’interno” de Lo Hobbit. Nacque nel 2013, tempo in cui non avevo alcuna intenzione di trasformarlo in un dipinto. In seguito ci ho riflettuto tanto fino a far nascere in me la voglia e l’idea di realizzare un’opera. Per la sua realizzazione, inizialmente osservai a fondo lo stile e le tecniche di due grandi maestri: Alan Lee e John Howe. Autori ormai leggendari di moltissimi disegni e dipinti ispirati alla Terra di Mezzo, e di quelli delle trilogie cinematografiche del Signore degli Anelli e de Lo Hobbit.

 

Allora nel 2014 volli trasformare quel disegno in qualcosa di più nonostante le enormi difficoltà a cui andavo incontro. Sapevo che sarebbe stato difficile dare un’impronta personale ad un personaggio così iconografico come il drago Smaug, considerate ormai le sue innumerevoli versioni. Malgrado ciò, ispirato dalla rappresentazione che l’artista Donato Giancola ha fatto de ” Il Dorato”, iniziai a dipingere.

Lo Hobbit, la riconquista del tesoro

Disegno preliminare de “Lo Hobbit”

La scena ritratta è quella in cui lo Hobbit Bilbo entra di soppiatto nella montagna, ritrovandosi così al cospetto del gigantesco drago Smaug, dormiente sul tesoro. Essendo questa una scena descritta in modo molto dettagliato da Tolkien, ho avuta poca libertà nella scelta della tavolozza. Inoltre è stata una mia forte apprensione, da vero e proprio fan, quella di rimanere il più possibile fedele al testo.

 

Nonostante la logica volesse che un’enorme sala del tesoro nelle profondità di una montagna fosse totalmente immersa nell’oscurità, scelsi di proiettare una luce sulla testa del drago, accentrando così l’attenzione sull’elemento più importante del quadro. Al fine di bilanciare il rosso delle scaglie di tutta la sua mole ed il giallo degli ori sottostanti, ho deciso di dare contrasto alla luce, dipingendo il fondo con toni scuri e bluastri, sfumando gradualmente il colore del corpo tra il  viola e il blu, man mano che questo si immerge nel buio della sala.
Sulla sinistra si può notare, piccola e luminosa nelle tenebre, anche l’Archengemma: il pezzo più prezioso dell’intero tesoro, oggetto delle brame e cimelio di famiglia di Thorin, re dei nani.
Il dipinto è stato esposto alla mia personale di Maggio 2014 e successivamente alla manifestazione “Fantastika” a Dozza (BO) durante la sua prima edizione e in altre diverse occasioni. Ancora oggi questo dipinto, a cui sono particolarmente legato, mi segue nei diversi eventi fantasy ai quali partecipo in tutta Italia.